Strategie di narrazione tra l'immagine e l'immaginario

di Valeria Tarantino
Docente di scuola primaria ed esperta di editoria per l'infanzia

 

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E' opinione condivisa che il racconto sia una strategia narrativa vincente, in grado di creare una simpatica modalità di rapporto tra chi racconta e chi legge, suscitare fiducia nei libri e dar voce credibile ai protagonisti. Senza contare che un libro per ragazzi risulterà tanto più godibile e interessante quanto più sarà ricco di descrizioni multisensoriali.

Per questo è opportuno sottolineare l'importanza della complementarietà tra i diversi linguaggi (verbali e non) che sviluppa potenzialità percettive e cognitive, evocando emozioni ed esperienze, in quanto le parole, lette e/o ascoltate, richiamano sempre immagini e situazioni, grazie al circuito di comunicazione continua tra l'immaginazione e l'immaginario.

La complementarietà tra parole e immagini arricchisce l'immaginario del bambino e sviluppa le sue potenzialità percettive e creative.

Chissà quante volte abbiamo visto un bambino, che ancora non sa leggere, con un libro in mano.

Lo guarda con stupore e lo sfoglia come fosse uno scrigno magico che gli permette di allargare la sua esperienza sul mondo e sentirsi più grande. Passa rapidamente dallo stupore alla meraviglia, poi comincia a fare domande e a cercare  risposte tanto dalle parole quanto dalle immagini: è la sua attività immaginativa che prende appunto il via dallo stupore e dalla meraviglia, raccoglie informazioni, confronta quello che vede con quello di cui ha esperienza e lo elabora.

E' per questa esigenza che già nei primi libri per bambini la complementarietà tra parole e  immagini evoca percezioni multisensoriali, richiamando caratteristiche visive e tattili di forme e figure, sensazioni corporee, suoni e rumori, odori, atmosfere legate al buio o alla luce...ecc.

 

Tachete' - Maluma

 

 

Ed è proprio da questa complementarietà che nasce l'uso di parole la cui percezione sonora  può essere tradotta in segni grafici e viceversa, come in queste due dell'esempio: Tàchetè e Maluma; infatti non ci meraviglia che il linguaggio dei fumetti ne faccia grande uso, associandole ad una punteggiatura ricca di grafemi che le connotano ulteriormente:  splash, bang, tonf, pluf, ronf,ecc.

Splash, bang, tonf, pluf, ronf,ecc.

Allo stesso scopo nei libri per bambini e ragazzi, dove l'aspetto grafico (le pause, la lunghezza delle righe, il colore delle pagine) conta più di quel che pensiamo, troviamo parole che per la loro qualità grafica risaltano come immagini e trasmettono con immediatezza visiva sensazioni di dolore, di meraviglia, di dubbio, di spavento ecc. come: Ahiaaa! Uuuuh! Ooooh! Uhmmmm! Brrrrr! Ecc..

 

Ahiaaa! Uuuuh! Ooooh! Uhmmmm! Brrrrr! Ecc.

 

C'è da dire inoltre che la lettura di un libro inizia quando lo sfogliamo per la prima volta e già risulta piacevole se le sue pagine non ci appaiono monotone e se una buona grafica mette in risalto la connessione tra lo scritto e le immagini, orientando percezioni e curiosità.

Oltre a questo vantaggio, la complementarietà tra parole e immagini facilita nei piccoli l'arte di inventare storie che poi si soffermano volentieri a raccontare. Lo spunto può nascere anche da un disegno semplicissimo ( ad esempio « una linea ondulata e una spigolosa si incontrano...»), un dato visivo che la fantasia dei bambini sa come arricchire se la loro immaginazione viene incoraggiata ad evocare percezioni sensoriali.

 

Una linea ondulata e una spigolosa...

 

Come dice Gianni Rodari «L'arte di inventare storie, giocando con le parole e con le immagini è quella di sfruttare in tutto e per tutto la fantasia che tutti abbiamo ma che spesso non sappiamo dove sia finita».

Non a caso Gianni Rodari dedica la sua Grammatica della fantasia «A chi crede nella necessità che l'immaginazione abbia il suo posto nell'educazione, a chi ha fiducia nella creatività infantile, a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola».

E gli autori di storie per ragazzi sanno bene che certe parole e soprattutto quelle inventate hanno molta presa nei loro lettori, perché sono divertenti e facili da ricordare.

C'è qualcuno che per caso ha dimenticato la più famosa di tutte  ‘supercalifragilistichespiralidoso' ?

La complementarietà tra il visivo e il verbale nei libri per ragazzi è dunque così indispensabile che mi viene da paragonarla alle ruote di una bicicletta; si può andare se ne manca una? No. Tuttavia man mano che i giovani lettori diventano più grandi, il racconto visivo tende ad avere un minor peso, mentre quello scritto ha sempre il compito di trasmettere immagini facendo ‘vedere' quante più cose possibili.


Il 'racconto' come strategia narrativa vincente

Il racconto, letto o ascoltato, piace a tutti. E' un metodo  vincente in quanto crea una simpatica modalità di rapporto con l'altro, tra chi racconta e chi legge; infatti il raccontare ha in sé il desiderio di coinvolgere l'altro e l'altro lo sente. Io racconto una cosa che prima interessa me, ha coinvolto me; nel riferirla trasmetto una mia esperienza e una mia emozione.

Il mio scopo è quello di essere credibile (basta pensare alla Divina Commedia, quando la leggiamo ci riesce difficile pensare che Dante non abbia fatto veramente quel viaggio).

Nei libri per ragazzi, sia che il narratore si trovi dentro la storia o fuori, il tessuto narrativo risulta più efficace e meglio articolato se nel racconto sono inseriti dialoghi tra i protagonisti. Perché il dialogo facilita nel lettore l'immaginarsi degli attori del discorso, i loro atteggiamenti, le loro espressioni, perfino le caratteristiche del loro tono di voce.

Oggi nei libri per ragazzi troviamo spesso i CD audio come ausilio alla lettura, proprio perché la parola ascoltata aggiunge connotazioni particolari rivelatrici di emozioni e sensazioni. Sempreché il piacere di sfogliare le pagine di un libro sopravviva nei prossimi anni....

Perché non fare libri per ragazzi che raccontano quello che l'arte racconta?

Mi sono posta questa domanda dopo aver visto che il fantastico e l'irreale sono oggi diffusi con notevole successo dai mass-media, mentre nella narrativa junior il tema dell'arte è molto poco presente. Forse i soggetti dell'arte non sarebbero altrettanto attraenti?

Teniamo presente che in questa era digitale il linguaggio non verbale, la mimica e i gesti, rischiano di scivolare superficialmente davanti ai nostri occhi sempre più assuefatti allo scorrere veloce delle immagini; allora, fermarsi sulle pagine di un libro a gustare il gioco tra parole e immagini è più che mai necessario in quanto restituisce al cervello un tempo extra per pensare.

Su questo argomento parla chiaro la scrittrice Maryanne Wolff «Credo sia molto importante preservare la capacità di lettura profonda nei bambini» dice nel suo saggio Proust e il Calamaro in cui ci intrattiene sull'invenzione della lettura e sulla perdita di questa competenza nei bambini di oggi.

 Cosa di meglio, allora, per recuperarla, di libri dove le immagini dell'arte abbiano la stessa importanza del testo scritto che le accompagna?

E non solo perché l'arte ha in sé una sua valenza educativa (in quanto è portatrice di memoria, ecc. ecc.), ma perché le opere d'arte, proposte in un contesto narrativo, aiutano a mettere in relazione i significati con le nostre vite, le emozioni degli artisti con le nostre emozioni e possono arricchire l'immaginario di tutti.

E' di questo parere anche un noto neurofisiologo britannico, Semir Zeki; egli dice che «.. l'arte, in quanto racconta, libera la mente e le insegna a giocare; a giocare tra l'invisibile e il visibile, tra l'immaginario dell'artista e quello del lettore». 

Teniamo inoltre presente  che i ragazzi non possono andare dappertutto ma con le storie sì e il primo passo per diventare fruitori consapevoli del nostro patrimonio culturale potrebbe prendere facilmente il via dalle pagine di un libro.

Libri, dunque, che permettano ai giovani lettori di mettere allegramente il naso nei contenuti e nelle forme espressive proprie dell'arte figurativa e quindi da proporre prima che la storia dell'arte si affermi come materia di studio; ma anche libri che potrebbero entrare nelle biblioteche scolastiche della scuola primaria per dar vita a laboratori didattici che abbiano come obiettivo ‘rendere leggero il leggere'. Appunto perché un metodo ‘giocato' sul rapporto tra parole e immagini, oltre ad evidenziare la valenza comunicativa dei due linguaggi, favorisce, come già detto, la comprensione delle opere d'arte intorno alle quali ruota il racconto.

A questo proposito, per la mia esperienza in questo ambito, posso dire che, con strategie simpatiche e nuove è possibile  smentire il luogo comune secondo il quale l'arte per i ragazzi sarebbe noiosa. Infatti, se il primo approccio con l'arte mirerà soprattutto al coinvolgimento personale, anche i ragazzi possono arrivare ad una conoscenza dell'opera attraverso le loro emozioni. Non a caso Flavio Caroli dice che «la pittura è un distillato di bellezza che raccoglie i miracoli del visibile,...che attizzerà sempre i sensi di chi la ammira...».

Motivata dunque dalla consapevolezza che l'educazione all'arte non è un optional, ho elaborato con l'aiuto del Centro per i Servizi educativi (in particolare con la dott.ssa Antonella Fusco e la Prof.ssa Patrizia De Socio) un laboratorio di lettura su storie che l'arte racconta.

E' stato un percorso didattico sperimentato con alcune classi di una scuola elementare di Roma e svolto in tre momenti, due in classe e uno alla Pinacoteca Capitolina.

 

Pinacoteca Capitolina

L'obiettivo è stato quello di:

  • suscitare attenzione e curiosità per le storie narrate e per i personaggi rappresentati;
  • far cogliere i vari elementi dell'immagine nel loro significato espressivo e collegarli al racconto letto o ascoltato;
  • aiutare i ragazzi a porsi in modo attivo davanti alle opere d'arte e dar loro strumenti adatti per renderli narratori delle stesse.

Le insegnanti che hanno collaborato alla realizzazione di questi laboratori e i genitori dei ragazzi ai quali è stato illustrato il metodo e gli strumenti, compiaciuti dell'iniziativa, si sono augurati di trovare presto in circolazione libri che introducano alla confidenza con l'arte anche i giovani lettori.

Per l'esperienza che ho fatto in campo editoriale e soprattutto come insegnante, mi permetto di aggiungere a queste riflessioni il criterio che ho usato per una mia narrativa d'arte per ragazzi. Lo sintetizzo in sei punti:

  1. inventare un contesto narrativo fantasioso ma credibile, in cui i lettori possano immaginarsi e un titolo bizzarro che accenda la curiosità.
  2. tenere presente tanto il visibile dell'arte, ossia quello che l'opera racconta e come lo esprime con materiali, forme, colori e dimensioni, quanto l'invisibile, ossia quello che l'opera ci restituisce in percezioni e sensazioni, quello che ci emoziona o ci lascia indifferenti, che può provocare attrazione o rifiuto, in modo che il lettore si trovi a scoprire il senso autentico e ‘magico' delle opere d'arte.
  3. proporre il racconto delle storie fantastiche a cui le opere d'arte sono ispirate. E se l'opera non è figurativa l'originalità del testo scritto punterà su un'esplorazione che  metta comunque in moto curiosità, immaginazione e fantasia, giocando sempre tra l'immagine e l'immaginario, tra il visibile e il non visibile, tra l'immaginario dell'autore e quello del lettore.
  4. far dialogare i protagonisti della narrazione sulle opere d'arte che si trovano ad esplorare, come se vivessero un'avventura giocosa in cui scoprono dettagli, apprezzano atmosfere magiche, rilevano percezioni materiche e spaziali, provano sensazioni ed esprimono considerazioni personali. Così che il lettore condivida con loro il piacere di scoprire in che modo le immagini comunicano con noi.
  5. dare parola anche alle figure dipinte o scolpite e, perché no, anche alle tele, ai pennelli e ai colori (per smentire l'altro luogo comune secondo il quale le opere d'arte sono mute) e creare dialoghi divertenti che tengano viva l'attenzione e l'immaginazione così che il lettore possa arrivare ad una conoscenza dell'opera che passi anche attraverso le sue emozioni.
  6. offrire spunti per attività ludico-cognitive che aiutino i giovani lettori ad esplorare i racconti visivi anche attraverso il ‘fare'.

Bibliografia

  • F. CAROLI, La storia dell'arte raccontata da Flavio Caroli, Milano, Electa, 2001.
  • G. RODARI, Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie. Torino, Einaudi Ragazzi, 1997.
  • M. WOLFF, Proust e il Calamaro, Milano, Vita e pensiero, 2009.
  • S. ZEKI, La visione dall'interno. Arte e cervello, Torino, Bollati-Boringhieri, 2005.

 

 Appendice: Tre esempi di strategie narrative diverse... tra l'immagine e l'immaginario

 

1. Da ‘Click' e un centauro racconta di V. Tarantino e G. Brasioli in  corso di pubblicazione

Qui Mirko, il protagonista di un libro per ragazzi, sollecitato dai racconti del suo fantastico maestro, immagina di ‘entrare' in un quadro di Salvator Dalì: lo esplora fin nei dettagli, provando sensazioni ed emozioni; ne consegue che l'immaginazione del lettore è spinta a confrontarsi con la sua esperienza.

Salvator Dalì, La persistenza della memoria  (1931), The Museum of Modern Art, New York, olio su tela, cm 24x33

Salvator Dalì, La persistenza della memoria  (1931),
The Museum of Modern Art, New York, olio su tela, cm 24x33

«...Okay. Fare l'inviato speciale mi piace un sacco, da grande vorrei fare il giornalista. Ecco la mia cronaca.

Prima di tutto mi tolgo le scarpe per camminare sulla sabbia a piedi nudi, ma è fredda e mi vengono i brividi; è scura, pare più terra che sabbia...mi avvicino ai tre orologi, ascolto il loro tic-tac, segnano tutti la stessa ora... vorrei toccarli perché sembrano sottilette che fondono. Eppure qui non fa caldo, anzi...

Uuuh! C'è un quarto orologio rosso pieno di formiche nere e lucide... che roba! Non sento il rumore del mare e vado avanti verso la scogliera, mi ci potrei arrampicare, ma la vedo scivolosa e non mi azzardo...così torno indietro e mi fermo di nuovo vicino agli orologi: sono tentato di tirar giù quello appeso al ramo secco, poi ci ripenso, dove potrei rimetterlo se non lì? Ma che succede? Non sento più il loro tic tac...qualcosa non quadra. Giro allora intorno a quella specie di  pesce mezzo morto: uno degli orologi è come spalmato sul suo corpo, mi chino per capirci di più, ma delle lunghe ciglia mi fanno il solletico sul naso. Allora rientro subito nelle mie scarpe e vengo via un po' agitato.

Mi accorgo ora dell'orologio a sveglia che ho sempre avuto qui sul mio tavolo, accanto al computer ed è come se lo vedessi per la prima volta... com' è normale, quasi banale. Confortante però! »

«Per mille scintille...ragazzo mio! Come avevo previsto, è stato più facile per te che per me esplorare questa immagine. Ti assicuro che è stato un vero piacere ascoltarti...»

 

2. Dal brano  Come una sposa di V. Tarantino - depositato alla SIAE, n. 2008002452

In questo racconto parlano tutti, il pittore, le tele, i colori... e  il lettore arriva a conoscere come quell' artista crea le sue opere.

«Ma che fa questo qui? » Borbottò la grande tela bianca mentre Jack la staccava dalla parete e la poggiava serio e deciso sul pavimento. «Che delusione, speravo che mi usasse per un quadro importante! » Perché è così, le tele bianche non aspettano altro, ogni volta, da sempre.

«Non ce ne parlare» tintinnarono i barattoli aperti sulla mensola, agitando i colori fluidi già pronti, «non vediamo più la tavolozza, chissà dove l'avrà buttata e c'è un unico grosso pennello, pure consumato, che diavolo vorrà farci? » A quel punto Jack prese il barattolo del nero, ci intinse quel bastoncello peloso e dall'alto cominciò a schizzare il colore su quella tela atterrata.

«Mi rovini!» gli gridò lei sentendosi violentata, dopo aver sognato preziose carezze di pennelli di marca.

Jack, imperterrito e sordo a quel rimprovero, cominciò a fare una cosa che da che mondo è mondo non s'era mai vista: con ampi gesti in ogni direzione, faceva in modo che quel nero lasciasse filamenti sottili, tracce ondulate, punti, macchie, schizzi... al punto che la tela non poté fare a meno di ridacchiare ...

«Ah! Ma così mi stai facendo il solletico! »

Jack dall'alto, guardava apparentemente calmo, le tracce di colore che i suoi gesti provocavano. In realtà dentro di sé aveva una smania febbrile: stava rompendo il ghiaccio di una tradizione secolare, quella di dipingere figure.

E fu come un rito.

Poi toccò ai grigi, al rosso, al giallo... non risparmiò a nessun colore  quella cerimonia.

«O o o o o h h h h! ... oddio...ho paura...ma che mi butti a casaccio? »

«I i i i h h h!  Ma questa è pura follia! »

«A h , a h, a h! Vuoi prenderci in giro? Ma sarà la gente a ridere di te! »

«Attennntooo! Hai messo un piede sulla tela, vergognati, un pittore bravo come te...»

«E h i, e h i! Non ti accorgi che questa è una boiata pazzesca?»

«A i u t o o o o! Precipitoooo! Vi scolo addosso!»

«S p l a s c h! Questa ci mancava, volevi una pozzanghera?»

Ogni colore, a seconda di come si sentiva gocciolato o schizzato sulla tela esprimeva paura o meraviglia, sensazioni piacevoli o spiacevoli.

Jack non li stava a sentire, teneva il barattolo di colore con la sinistra e riempiva tutta la tela con le tracce di gesti meditati con veloci pensieri: curvo su di lei le girava attorno silenzioso senza distrarsi un momento, come si fa durante una preghiera.

E fu pittura pura.

Intanto, via via che quel groviglio di andamenti si andava infittendo e scurendo come un ricco arabesco di filigrane intrecciate, i colori non osarono più lamentarsi; in fondo Jack non li manipolava affatto, non chiedeva loro niente di più di quello che erano, usava il pennello come uno stecco, tanto per raccoglierli e farli gocciolar giù e a poco a poco i rivoli di colori più chiari diventarono lampi di luce.

Poi all'improvviso si fece un gran silenzio.

 La tela capì che stava accadendo un fatto nuovo, speciale.. Questo non era il solito artista che davanti al cavalletto controllava ogni tocco di colore...e provò un'emozione indicibile: dalla sua posizione sdraiata lo vedeva agire su di sé, senza nessuna premeditazione, le sembrava un gigante con delle braccia lunghe e delle grandi mani che muovevano quel pennello come una bacchetta magica... e si sentiva guardata come una sposa...spogliata del suo velo bianco.

E il bianco, infatti, scomparve.

Solo il nero, a lavoro finito, quando Jack se ne andò: «Strano così sembro più luminoso», osservò soddisfatto dall'alto dello scaffale rivolto ai colori degli altri barattoli. « Di solito i pittori mi usano per le ombre, per esaltare la vostra vivacità o per attenuarla... invece con Jack mi sento protagonista, è come se mi avesse usato per farsi strada...»

«Che scoperta» ribatté il rosso un po' invidioso...«stai dappertutto...forse voleva semplicemente consumarti un po' prima che invecchiassi troppo... io mi intravedo appena, ma in fondo risulto più prezioso di te, guarda che bella figura faccio vicino a quel giallo...» Ma era un parlottare sottovoce: ogni colore a seconda del suo caratterino esprimeva la sua gelosia o la sua soddisfazione e tutto sommato ne venne fuori una grande considerazione per quello stravagante lavoro.

L'ultima a parlare fu proprio la grande tela che si era lamentata per prima. «Cavolo però! chi l'avrebbe detto che in questo modo balordo avrebbe tirato fuori il suo capolavoro? Finalmente si è innamorato di me - Jack era Pollok - sono una tela di Jackson Pollok » gridò «...ragazzi che robaaa!!! »

3. Da Un amore infelice a causa di un dispetto di V. Tarantino - depositato alla SIAE, n. 2008002452)

Un racconto in cui alla storia del mito segue un dialogo tra  alcuni ragazzi davanti all'opera di Gian Lorenzo Bernini che lo ha interpretato.

Tre ragazzi, Paolo, Lorenzo e Luca, incuriositi dal mito di Apollo e Dafne che è stato loro raccontato a voce dall'insegnante, si trovano alla Galleria Borghese di Roma per vedere dal vero la scultura del Bernini che lo interpreta. ‘Entrano' così nel racconto visivo della metamorfosi, ne esplorano i dettagli, provano sensazioni ed emozioni... e passano dallo stupore alla meraviglia, si interrogano e riflettono...

«Caspita, ma sono vicinissimi! Stanno forse provando un passo di danza? E sono pure bravi! » comincia ad osservare Paolo, il più grande dei tre.

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne (1622-1625), Galleria Borghese, Roma, marmo di Carrara, cm 243

 Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne (1622-1625), Galleria Borghese,
Roma, marmo di Carrara, cm. 243


«Macché» si affretta a correggere Lorenzo che era stato più attento al racconto del mito fatto dalla loro insegnante. «Quel casinista di Cupido li ha presi di mira per il gusto di un dispetto! »

«E adesso? » Gli chiede curioso Luca che andava pazzo per le avventure amorose. (...)

«Uuuh...è vero! Che impressione, sembra viva! » Esclama Paolo a voce alta dopo aver seguito con gli occhi quanto Lorenzo aveva fatto notare. Poi, mettendosi la mano sulla bocca come per non farsi sentire, borbotta: «Sta scema, non ci poteva pensare prima? Adesso è inutile che ti slunghi tanto! Per liberarti dovresti tagliarti i piedi! ».

Ma Luca, che ha sentito la macabra soluzione, incalza: «Anche la corteccia dell'albero sta salendo lungo i fianchi per avvolgerla, tra un po' la soffocherà! Ve ne siete accorti?»

«È incredibile! È fantastico! È...» Paolo non fa in tempo a finire che Luca lo interrompe: «E quanto ci metterà a mangiarsela tutta? » (...)

Luca intanto è letteralmente affascinato da quel punto lungo i fianchi di Dafne in cui la ruvida corteccia si andava appiccicando alla carne liscia fino a sostituirla, e ci manca poco che non vada a toccarla. (...)

 

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, particolare (1622-1625), Galleria Borghese, Roma, marmo di Carrara, cm 243

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, particolare (1622-1625), Galleria Borghese,
Roma, marmo di Carrara, cm. 243

 

Subito Paolo ne approfitta per sfidare con tono ironico la sua sapienza: «Senti un po', ma secondo te Dafne ha la bocca mezza aperta perché sta dicendo ‘ahia...che male!' O sta gridando al padre perché non le piace come la sta aiutando? »

«Beh, a parte che gli interventi dei genitori sono sempre discutibili...» sentenzia Lorenzo, «...di sicuro da come gira la testa si vede bene che fino all'ultimo cerca di tener d'occhio il suo inseguitore...»

A quel punto l'interesse dei ragazzi si sposta tutto su Apollo che sembrava proprio aver raggiunto la ninfa a grandi salti: «Guardate, ha i capelli al vento e a momenti si perde il mantello! » «Ancora qualche ramoscello e può abbracciarla! » «Basta un pelo... già la tocca con la destra...!» Dicono uno dopo l'altro meravigliandosi che sul viso di Apollo non ci fosse traccia di spavento.

«Non sarà che l'emozione gli ha impedito lì per lì di sentire che la sua mano toccava solo la corteccia di un albero? » Azzarda Paolo.

Luca, invece, cerca di concludere con aria ispirata: «Chissà poi se avrà fatto in tempo a sentir battere ancora il cuore di Dafne! E chissà se fu proprio quello il momento in cui decise che avrebbe sempre portato con sé le foglie di quella pianta...»

«Come sei romantico! » Replica Paolo che non amava smancerie. «Non vale mica la pena pensare a lui con tristezza! È vero che non ha fatto in tempo a raggiungere Dafne, ma la sua fama di ‘bello' ha raggiunto addirittura noi!». «Eh già!» finisce di dire Lorenzo ridacchiando «Infatti è ancora qui, pieno di energia e per giunta immobile su un piede solo... da secoli! Ti pare poco? »

Il lettore di questo racconto non potrà non confrontarsi con tutte le domande e le considerazioni dei tre ragazzi intorno a questa scultura e abbiamo ragione di sperare che ora anche lui avrà voglia di vedere dal vero la scultura, se non altro per verificare se questa metamorfosi scolpita nel marmo sembra proprio così viva e vera.

 

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